Regista: Quentin Tarantino

Anno: 2019

Produzione: Stati Uniti

Attori: Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Al Pacino

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Maria Giovanna

 

Dopo una lunga attesa è arrivato nelle sale il nono film di Quentin Tarantino, C'era una volta a... Hollywood (Once Upon a Time in... Hollywood). Il film è ambientato nella Los Angeles del 1969 e segue le vicende di un attore televisivo, Rick Dalton interpretato da Leonardo Di Caprio, e della sua controfigura, Cliff Booth ovvero Brad Pitt. Sullo sfondo troviamo i fatti legati alla famiglia Manson e alla loro “comune” e il tentativo del protagonista di entrare a fare parte di diritto nell'industria cinematografica hollywoodiana.

I due protagonisti condividono un momento difficile delle loro carriere e Dalton si ritroverà ad essere anche il vicino di casa del regista Roman Polanski e sua moglie, l'attrice Sharon Tate (Margot Robbie). Rick Dalton è il protagonista della popolare serie televisiva western Bounty Law e sembra pronto a fare svoltare la sua carriera e passare quindi da volto televisivo a star del cinema. Dalton viene contattato dal suo agente Marvin Schwartz (Al Pacino), che gli propone una serie di pellicole in Italia, dove molti attori, ormai in declino, si sono riciclati come star di spaghetti western. Rick in questo momento viene preso dallo sconforto e fantastica un po’ sulla possibilità che il suo vicino di casa, Polanski, possa magari scritturarlo in un suo nuovo film. Decide di prendere parte all’episodio pilota della serie western Lancer, per cui è stato scelto nel ruolo del cattivo direttamente dal regista Sam Wanamaker Nicholas Hammond). Purtroppo, a causa del suo stato morale e di una sonora sbornia, l’attore faticherà a memorizzare e ricordare le battute e deciderà di volare in Italia. Rientrerà con la sua nuova moglie italiana e cercherà di capire che cosa fare della sua vita e carriera. In tutto ciò sia la Tate che Polanski, appaiono e scompaiono sullo schermo, le scene con loro servono a fare vedere allo spettatore le due facce della Hollywood dell’epoca e per riuscire ad arrivare alle proprie conclusioni.

Il regista ci riporta al periodo verso la fine degli anni sessanta, inizio settanta curando tantissimo le scenografie; vi sono delle ricostruzioni perfette dei luoghi dove venivano girati i film western. È lodevole la fotografia, i tantissimi piani sequenza, le molteplici citazioni cinematografiche; ma è magistralmente bravo a fare rivivere allo spettatore l’atmosfera di quei tempi dove gli attori o presunti tali, cercavano di entrare a fare parte del mondo dorato degli attori. Ci sono dei dialoghi e monologhi di Dalton che permettono di capire molto bene le paure e le ansie che invadono l’animo dell’attore, oramai consumato dall’alcool.

Il cast è spettacolare e ogni attore, anche chi non ricopre un ruolo primario, è stato scelto accuratamente ed è perfetto nel suo ruolo.

Non aspettatevi di vedere un film sanguinolento con dialoghi accattivanti come successo nei precedenti film come Le Iene e Pulp Fiction; in quest’opera il regista ha puntato su altri aspetti come la ricostruzione dei set dell’epoca, ad esempio. Possiamo dire che ha fatto lo stesso lavoro che ritroviamo in Bastardi senza gloria, in questo caso con meno sangue, ossia una riscrittura e re-interpretazione di alcuni eventi conosciuti contaminati però dalla finzione scenica. Il binomio realtà-finzione è presente in tutta la pellicola e permette al pubblico di poter essere una volta spettatore e un’altra ancora regista.

Possiamo affermare che questo film è per Tarantino un grande omaggio a quelli che sono i suoi grandi amori: Hollywood, gli Spaghetti western e la sua carriera da cinematografo.

Il finale, che non svelerò per non rovinare la sorpresa della visione del film, è dato dalla magia che solo il grande schermo sa donarci e che non ti aspetti per niente anche se, conoscendo il regista, sai comunque che la fine della pellicola non sarà ovviamente scontata o banale.

 

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