Regista: Justin Baldoni

Produzione: Stati Uniti d’America

Anno: 2019

Attori: Haley Lu Richardson, Cole Sprouse, Moisés Arias

 

 

 

Il nostro giudizio: MOLTO BUONO

Recensione: Massimo Giachino

 

 

Essere così vicini eppure non potersi sfiorare. Un dramma che accomuna i due protagonisti e che ha un nome scomodo: fibrosi cistica. L’essere entrambi adolescenti. Questi sono i tratti salienti della nuova e delicata opera del regista Justin Baldoni, il quale ci porta a sperare e soffrire insieme a Stella e Will.

 

TRAMA

Stella Grant è una ragazza che, pur avendo solo 17 anni, ha già conosciuto e sperimentato sulla sua pelle sofferenze fisiche e la perdita della sorella a cui era molto legata.

Essendo affetta da fibrosi cistica è costretta a cure continue che la costringono a vivere la maggior parte della sua vita in una stanza d’ospedale. La sua adolescenza la vive in terza persona, grazie alle sue amiche che le inviano tramite i social continui aggiornamenti sulle loro avventure. Avventure che Stella non ha mai potuto vivere e sogna con velata malinconia.

Le lunghe giornate del ricovero sono alleggerite dalla presenza di Poe, amico d’infanzia anch’esso affetto da fibrosi cistica ed “alloggiato” in una camera poco distante.

Stella affronta il suo percorso con grinta e determinazione, seguendo in modo quasi maniacale la terapia che le è stata assegnata. Posta sui vari canali social, inoltre, tutto il suo percorso relativo alla malattia, essendo convinta che possa essere d’aiuto a chi sta per intraprendere questo doloroso percorso.

Nello stesso ospedale, e non lontano da Stella, farà preso la comparsa Will, adolescente dall’animo tanto ribelle quanto artistico, anch’esso affetto da fibrosi cistica.

I primi contatti tra i due saranno tutt’altro che positivi anzi, a prima vista sembrano uno il negativo dell’altra. Positiva, determinata e speranzosa Stella; negativo, insofferente alle cure e privo di luce Will.

Ma come è facile intuire ben presto, complice anche il molto tempo a disposizione per conoscersi, le cose prenderanno una piega inaspettata.

Lo sguardo profondo e la voglia di riprendersi il futuro di Will da una parte, il sorriso contagioso e la forza d’animo di Stella dall’altra, faranno breccia uno nel cuore dell’altra.

Purtroppo la loro condizione non permetterà di avere contatto fisico, come prevede il protocollo sanitario, in caso contrario potrebbe verificarsi uno scambio di agenti potenzialmente fatali per la loro già precaria condizione. In verità la distanza minima prevista è due metri, ma Stella è conscia che la vita le ha già tolto tanto, e quel metro che si prende indietro è il minimo che spetta ad entrambi.

La loro storia purtroppo risente di tutti i limiti imposti dalla situazione, anche se i ragazzi si ingegnano in ogni modo per poterli superare.

La situazione critica, purtroppo esigerà il pagamento del dovuto quanto prima. L’amico di sempre Poe non supererà una crisi avvenuta nella notte e Stella, distrutta dall’evento, chiederà a Will di accompagnarla a vedere le luci sulla neve della vicina città, prima che sia troppo tardi anche per lei.

Durante questa fuga d’amore, Stella cadrà in un lago ghiacciato sprofondando nelle sue acque, e solo la prontezza e la respirazione artificiale fattale da Will la salverà, miracolosamente senza infettarla.

Al loro ritorno in ospedale Stella viene messa davanti ad una scelta: si sono resi disponibili dei nuovi polmoni per il trapianto e bisogna procedere con urgenza. Dapprima restia, viene convita da Will a tentare l’intervento.

Al suo risveglio Will è pronto a darle l’addio, conscio che per lui le terapie non stanno funzionando. Il suo saluto sarà si straziante, ma al contempo comprensivo di un meraviglioso regalo... il lieto fine, come si sapeva fin dall’inizio, non può fare parte di questa storia.

 

RECENSIONE/CONSIDERAZIONI FINALI:

Il regista Justin Baldoni, noto per lo più per alcune Serie Tv di successo (Streghe, CSI: Miami), con questo film debutta nelle vesti di regista e produttore.

Tratto dall’omonimo libro di Rachel Lippincott il film ripercorre l’intreccio di un amore impossibile tra i due adolescenti Will e Stella, così diversi ma così affini allo stesso tempo.

Chi non ha visto la pellicola, nè tantomeno letto il libro, potrebbe pensare che il tema della malattia possa essere stato furbescamente utilizzato per rendere la lacrima facile.

Per quanto mi riguarda la cosa va vista in un verso diametralmente opposto: la storia d’amore tra i due ragazzi è invece il pretesto utilizzato per veicolare un messaggio ben più importante. Il fulcro portante del film non è quello di creare un dramma fine a sé stesso, ma quello di cercare il modo di divulgare la conoscenza di questa malattia, poco nota e di cui si parla poco, i cui effetti, come abbiamo imparato, sono davvero devastanti sia per i pazienti sia per le loro famiglie.

Stabilito questo punto essenziale, si può procedere all’analisi del film. Innanzitutto un plauso alla scelta dei protagonisti. I ragazzi sono pressoché perfetti nella loro parte, soprattutto Stella riesce, a volte solo con lo sguardo, ad esprimere un ventaglio di emozioni plausibili e concrete, che a parole sarebbe stato complicato spiegare.

Non fanno eccezione i comprimari. A Poe non si riesce a non volergli bene, un ragazzo insicuro la cui famiglia è poco presente, che nasconde un filo di timidezza e, soprattutto, la rinuncia di voler bene agli altri per paura di non poterla vivere e provocare a sua volta sofferenza.

L’infermiera Barbara, conscia del legame tra i due ragazzi ma decisa a tenerli separati in quanto ha già vissuto sulla sua pelle una storia simile finita in tragedia, di cui non si dà pace ancora oggi.

Tornando a Will e Stella, non è difficile paragonarli a due moderni Romeo e Giulietta, il cui amore è ostacolato anche se da motivi differenti.

Il film è delicato, sensibile, tocca tematiche importanti pur essendo fluente e ben diretto nella sua struttura. Soprattutto la prima parte è davvero ben riuscita, tenendoci col fiato sospeso ad ogni inquadratura.

Perde forse un po’ di mordente nella seconda parte, essendo caratterizzato da un susseguirsi di eventi più “romanzati”.

Nell’insieme comunque funziona e anche bene, una pellicola dal fazzoletto facile ma non per questo piena di melensaggini gratuite. Anzi, risulta molto importante e ben distribuito l’uso dell’ironia e dell’autoironia, prerogativa utilizzata col gontagocce in altre opere simili.

Una storia di qualità ed un contesto importante, la visione vale sicuramente la pena.

 

LA CURIOSITA’

Justin Baldoni aveva già trattato in precedenza il tema della fibrosi cistica con il documentario “My Last Days” del 2016, per la cui realizzazione è stato in contatto con la youtuber e attivista Claire Wineland, mancata a causa della malattia prima del completamento della pellicola.

“A un metro da te” è a lei dedicato.

 

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