Regista: Paolo Sorrentino

Produzione: Italia, Francia, Spagna

Anno: 2016

Attori: Jude Law, Silvio Orlando, Diane Keaton

 

 

Il nostro giudizio: BUONO

Recensione: Geppetto

 

La prima cosa che dovremmo domandarci è: una serie come “The Young Pope” va recensita come un film? A proposito della serie “Fargo” (il cui nome è stato ripreso dall’omonimo film del 1996 dei fratelli Coen, che in questo caso sono stati produttori esecutivi), l’ideatore Noah Hawley ebbe a dichiarare: “Non è una serie televisiva, è un film di dieci ore”. Il format è lo stesso, come quello di “True detective” ed altri. Possiamo concordare, anche se le differenze ci sono e ne parleremo.

La seconda considerazione è che la serie è andata in onda su SKY, televisione a pagamento: quanti frequentatori del sito l’avranno vista? I dati di ascolto sono stati eccezionali: si è letto di un milione e mezzo di spettatori medi. Un dato rilevante per il mezzo, ma pur sempre limitato agli abbonati. Anche in questo caso però l’analogia con Fargo ci aiuta: pure la sua prima visione passò su SKY Atlantic nel 2014, ma poi quest’anno la serie è stata trasmessa da RAI 4. Non dubitiamo che anche il Giovane Papa passerà ben presto sui canali in chiaro, senza contare le possibilità di scaricarla od acquistarla su supporti digitali.

Detto questo, come alibi per una recensione cinematografica per un prodotto che non si vede al cinema, cominciamo a parlarne.

Riassumere una trama in poche righe, per un simil-film di dieci ore, più che difficile è impossibile. Si possono riassumere i capisaldi della storia, un mosaico fatto di molte tessere, composito ed articolato, un racconto con molte parentesi e subordinate, come per altro già in passato nello stile del regista.

Il papa Lenny Belardo (Jude Law), eletto a sorpresa da un conclave, è un giovane americano con un’infanzia in orfanotrofio. Prende il nome di Pio XIII e subito si manifesta come un estremo tradizionalista per la dottrina e profondamente innovatore per la comunicazione. Intransigente contro omosessualità ed aborto, dogmatico ed integralista, il nuovo papa decide di non apparire quasi mai, non viaggiare, non fare discorsi pubblici. Insomma il contrario degli ultimi pontefici che hanno fatto della comunicazione un must irrinunciabile, strumento indispensabile di una sorta di marketing religioso. E quando raramente Pio XIII si manifesta, lo fa con discorsi durissimi di monito e quasi millenaristici richiami. Si potrebbe obiettare che anche l’ostentazione dell’assenza e del silenzio sono essi stessi strumenti di marketing: si è parlato di più e non di meno di Bob Dylan, quando è scomparso e si è reso irraggiungibile dopo il Nobel. Se avesse detto: “grazie, verrò … o non verrò” non avremmo sofferto il tormentone del continuo “dove sarà?” cosa farà?”. Ed anche per Pio XIII all’inizio la cosa funziona: tutti a domandarsi perchè non parla? Tutti in trepida attesa.

La curia non lo apprezza. In particolare il rapporto con il segretario di stato, il napoletanissimo Voiello (Silvio Orlando, bravissimo come sempre) è particolarmente problematico.

Altra protagonista principale è Suor Mary (una meravigliosa Diane Keaton). E’ stata lei che ha accolto il bambino Lenny nella sua struttura quando fu abbandonato dai genitori, insieme all’altro orfano, poi cardinale, Dussolier. Ora suor Mary è nominata sua segretaria personale. Grande scandalo.

Questi sono i personaggi cardine della narrazione, il telaio della storia. Poi Sorrentino innesta altre persone e ministorie, tessere a comporre come detto il mosaico del suo racconto. O se si preferisce il grande affresco. E’ la stessa tecnica già usata ne “La grande bellezza”. Basti ricordare i personaggi interpretati da Verdone e la Ferilli.

Fra i personaggi laterali, ma protagonisti dei pezzi in cui si articola la serie, occorre citare Gutierrez (Javier Càmara), prima sacerdote confidente, poi cardinale ed infine segretario particolare, omossessuale e alcolizzato, che riuscirà ad incastrare il cardinale pedofilo di New York Kurtwel. Poi il cardinale Spencer, a sua volta mentore del giovane Lanny e poi suo nemico per avergli il Giovane Papa sottratto il soglio pontificio a cui era predestinato. Infine, in un bellissimo colloquio sull’aborto, Spencer è difensore della comprensione se non della tolleranza e propugnatore di una Chiesa più vicina al Cristo ed alle donne. Una Chiesa meno intransigente nel nome di un Dio che sembra derivato solo dall’Antico Testamento e poco corrispondente al messaggio evangelico. Pio XIII replica citando i padri del cristianesimo medioevale. Che Papa Francesco abbia visto il film?

E poi ancora ci sono Esther, moglie sterile di una guardia svizzera; un improbabile santone pecoraio che fa miracoli e così via.

Pio XIII, così terreno nel sentirsi orfano perché abbandonato, ha poteri sovrannaturali quando, in una sorta di trans mistica, riesce a far rimanere incinta Esther, a far venire un croccolone alla cattiva suor Antonia, che in Africa ha immagine pubblica di santa missionaria, ma approfitta dei nativi e si insinua in letti dove non dovrebbe essere. Poteri connaturati in lui che già bambino era intervenuto per guarire la madre del suo amico Billi, moglie del custode dell’orfanotrofio. E questa ci appare come la parte più debole del racconto. Non abbiamo bisogno di prodigi per credere nella sincera fede di un papa ed al suo colloquio spirituale con Dio.

Nello scorrere delle puntate la carenza dell’amore dei genitori e la sindrome d’abbandono emerge sempre più come determinante per motivare le convinzioni ed i comportamenti del Giovane Papa. Ad un certo punto in Vaticano si diffonde il dubbio che Pio XIII non creda più in Dio. Anche Mary lo sospetta ed agisce in conseguenza.

Massimo Recalcati, in un bell’ articolo su Repubblica, dà una lettura tutta psicoanalitica della storia di Sorrentino, né poteva essere diversamente. Lanny “nella sua vita non ha fatto altro che ricercare affannosamente in Dio un amore sicuro”, quello non avuto dai genitori. Là dove sembra che vada un po’ oltre è quando lo psicanalista dice che il tema della perdita affettiva è “il grande tema sorrentiniano, presentissimo in tutta la sua opera”, ”è il dramma che abbiamo incontrato in Jep, il protagonista della “La Grande bellezza”. Una chiave di lettura dell’opera di Sorrentino, ma certo una fra altre possibili, ammesso e non concesso che ogni autore abbia un tema presente in tutta la sua opera. E nel “Divo”, in “Youth – La giovinezza”, ne “Le conseguenze dell’amore”, tanto per dire, non ci sembra proprio che la perdita affettiva sia centrale.

Non racconteremo la fine. Chi non ha visto il Giovane Papa, abbiamo detto, avrà certamente occasione per farlo.

La fotografia e le scenografie sono bellissime, ma con sfondi come quelli vaticani l’operazione era facilitata, come per la Roma de La Grande bellezza. I brani scelti per la colonna sonora hanno avuto un grande successo e sono sul mercato a pacchetto, per chi li volesse acquistare.

La critica negativa è, ovviamente per noi cinefili, legata al format. La narrazione è lenta, alcune delle parentesi narrative, come le abbiamo chiamate, sono inessenziali alla composizione del mosaico. Il viaggio in Africa ad esempio, molti dei flasback sull’infanzia … . Riempire dieci puntate ha comportato un prezzo. Fargo e True detective che abbiamo preso come termini di raffronto, essendo polizieschi e d’azione, ovviamente avevano un ritmo diverso. Sarebbe stato un magnifico film di un paio di ore per il migliore regista italiano. E già si parla della seconda serie.

 

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