Autore: Maurizio De Giovanni

Anno: 2019

Ed: Rizzoli

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Silvia Alonso

 

I romanzi di De Giovanni sono un po’ come quei film di Besson, dove non sai bene cosa ti colpisca di più, se quell’amaro scomodo che ti resta in bocca sin dall’inizio e che nessun digestivo riesce a stemperare, o lo stile spezzato e tagliente, raffinatissimo e impietoso, che con sottili pugnalate laceranti ti racconta la solitudine e il mal di vivere dei suoi personaggi.

Sempre come in quei film di Besson, i protagonisti poliziotti, un tempo un pugno di idealisti nostalgici con la presunzione di salvare il mondo, sono ormai divisi, direi schierati in due fazioni. 

Quelli che una volta ci credevano ma che poi, per galleggiare e fare carriera hanno ceduto, sporcandosi le mani e vendendo a piccole dosi l’anima al diavolo, ma senza passare per alcun momentaneo edonismo che li risollevi dalla loro inutile pesantezza dell’essere.

E quelli che invece, nonostante tutto, continuano a essere operativi, lontani dai giochi di potere, e lottano comunque con ogni loro residuo di speranza, forse solo in ossequio a un imperativo categorico non meglio esplicitato, una qualche incorruttibile legge morale ben custodita nell’animo che sembra così riassunta, con il loro semplice epitaffio di “duri e puri”.

A quest’ultima categoria appartengono le due eroine di “Le parole di Sara”, amiche nemiche di sempre, così diverse eppure così vicine.

Il romanzo è il seguito del precedente racconto contenuto in “Sbirre” , e ne costituisce il degno epilogo.

Solitudine, mal di vivere, amori distrutti o impossibili, la nostalgia di sapere di essere dei superstiti e di dover sopravvivere, nonostante il disinganno, con le unghie e coi denti, sempre in forza del solito ingombrante imperativo categorico che non riescono a scollarsi di dosso: un retaggio di giustizia, miraggio interiore o esteriore che dir si voglia.

E finisce che alla fine non puoi che affezionartici a Sara, a questa donna fantasma i cui occhi non perdono neanche il minimo dettaglio di una realtà da lei intuita, scansionata e riscritta.

Una giustiziera solitaria e buona.

Forse verrà la morte e avrà i suoi occhi, ti domandi.

Ma allora, le sue parole sopravviveranno.

Le sue parole, poche nette e maledette.

Così dannatamente vere.

 

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