Regista: Marco Bellocchio
Produzione: Italia
Anno: 2019
Attori: Pierfrancesco Favino, Luigi Lo Cascio, Fabrizio Ferracane, Maria Fernanda Candido
Il nostro giudizio: BUONO
Recensione Maggio 2019: Geppetto
E’ appena uscito nelle sale Il traditore di Marco Bellocchio, fresco del festival di Cannes, unico film italiano in concorso.
Marco Bellocchio si è già occupato in passato di momenti importanti della storia italiana. Basti ricordare Buongiorno, notte sul rapimento Moro e Vincere su Ida Dalser, amante di Mussolini e madre di Benito Albino.
“Il Traditore” è Tommaso Buscetta, primo grande collaboratore di mafia. Colui che fece capire al giudice Falcone cos’era “Cosa nostra”, come funzionava, le gerarchie, i personaggi di riferimento, chi erano stati i protagonisti delle guerre di mafia degli anni sessanta ed ottanta, gli autori di numerosissimi assassini e di una serie di altri reati. Su quanto disse Buscetta al giudice Falcone, 400 pagine di verbali, si istruì il famoso maxiprocesso a metà degli anni ’80 da cui derivarono poi una serie di condanne che effettivamente hanno inferto un durissimo colpo alla mafia siciliana.
Ma Buscetta è stato veramente un personaggio, al di là della rappresentazione cinematografica. Aveva aderito a “Cosa nostra” quasi da ragazzo. Già negli anni sessanta era stato in Argentina, Brasile e poi via via in Svizzera, Messico, Canada, USA, ed ancora Brasile. Fu detto il boss dei due mondi. Sospettato di essere coinvolto nell’attentato al capomafia La Barbera, fu poi accusato ed assolto per la strage di Ciaculli in cui morirono sette poliziotti. Arrestato e poi evaso alla fine si stabilì in Brasile da cui pare smistasse arei di droga in mezzo mondo. Commercio di droga che lui non ammise mai, ma pare che, quando lo arrestarono, nella sua villa brasiliana ve ne fosse per svariati miliardi di lire. Contrariamente agli stereotipi sulla mafia siciliana, basti pensare alle latitanze quasi claustrali di Provenzano e Riina, ebbe varie mogli, otto figli, vita brillante e piaceri della vita. Durante la seconda guerra di mafia nella quale si affermarono i corleonesi, non potendo arrivare a lui che viveva in Brasile sotto falso nome, gli furono uccisi due figli, un fratello, un genero ed altri parenti.
Per questo quando fu estradato in Italia cominciò a collaborare con il giudice Falcone. Lui disse che lo faceva perché la nuova mafia, quella dei corleonesi, aveva tradito i valori cui si era sempre ispirata l’onorata società. Fu il primo boss a farlo, anche se formalmente era un semplice “soldato” di cosa nostra. Occorre dire che erano appena entrate in vigore nuove norme sulla protezione dei pentiti di cui si avvalse pienamente. Fu uno dei pochi, se non l’unico, che morì di malattia nel suo letto e non in carcere od ammazzato. Viveva negli Stati Uniti sotto falso nome.
Ecco, in buona sostanza, abbiamo raccontato il film. Non che si tratti di un docufilm, ma almeno tutta la prima parte è un ripercorrere fedele le vicende della vita dell’uomo, per quanto possibile in un’opera cinematografica. Buscetta raccontò a Falcone “Cosa nostra” e si vendicò descrivendo i crimini dei corleonesi che gli avevano decimato la famiglia, ed in particolare di Pippo Calò che aveva tradito la sua “famiglia mafiosa” per passare dall’altra parte. E questo ci viene detto.
Nella seconda parte del film, dopo l’incontro con Falcone, Bellocchio cerca di scavare nel personaggio, come sua abitudine. E vediamo un Buscetta per così dire privato, che si tinge i capelli, che si mantiene in esercizio andando in bicicletta per i corridoi del palazzo di giustizia, che ammette di amare le donne ed i piaceri della vita. Che afferma essere questa la ragione per cui non ha fatto volontariamente “carriera” nella mafia. Non gli interessava il potere per il potere.
Ecco, ci sembra che altre volte, il regista sia stato più efficace in questa analisi. Il film è un po’ cronachistico, grande professionalità, ma in definitiva non va molto oltre una rappresentazione dei fatti. Di quanto Buscetta stesso ci ha raccontato di lui. Il boss dei due mondi nulla ammise delle sue colpe, che pure dovevano essere rilevanti. Bellocchio si attiene perciò a quanto Buscetta ha detto, ricordandoci solo alla fine del film che stiamo parlando di un assassino.
Il pregio del film sta in fondo proprio nella narrazione scabra, senza la retorica romanzata di tanti sceneggiati televisivi, dei commissari procuratori giudici istruttori eroici e mafiosi artefici del male. Qualche citazione dell’immensa cinematografia sulla mafia c’è, come le scene iniziali su una festa che tutti i critici hanno paragonato ad analoghe immagini del Padrino. Ma il film è per così dire asciutto, niente sparatorie inseguimenti iniziazioni rituali. Anche il linguaggio “siciliano” è contenuto all’indispensabile.
Di altissimo livello l’interpretazione di Favino – Buscetta, ma anche Ferracane – Calò e Lo Cascio – Contorno sono molto bravi.
Mymovies.it 3.75/5, Comingsoon.it 3.9/5. Concordiamo. Nelle sale questi giorni.
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