Regista: Darren Fisher
Produzione: Australia, Regno Unito
Anno: 2013
Attori: Daniel Fraser, Charlie Rixon
Il nostro giudizio: OTTIMO
Recensione: Alessia Priori
Strauss, Curie e Newton s’incontrano nella stessa scuola elementare e da allora danno inizio a molteplici esperimenti per determinare l’esistenza del libero arbitrio nell’ambito dell’amore.
No, non è l’inizio di una barzelletta, né di un delirio post sbornia, ma una sinossi estremamente breve di ciò che il film Frequencies, diretto da Darren Paul Fisher e reso pubblico nel 2013, offre allo spettatore.
Scientia potentia est
In verità i protagonisti, così come tutti i personaggi, portano solo i nomi di figure celebri nella storia per il loro intelletto, preannunciando così immediatamente quanto nella loro realtà sia importante l’intelligenza. Infatti, prima di essere ammessi in qualsiasi scuola, i bambini vengono sottoposti ad un test che misura le frequenze dell’attività celebrale, le quali, se sono alte, non solo indicano un intelletto sovrumano, ma anche una straordinaria connessione con la natura che li circonda. Pertanto potrebbe sembrare chiara la frase enigmatica che più volte ritorna nella pellicola, “la conoscenza determina il destino”: Se nasci con una frequenza alta, come Marie Curie Fortuna (Eleanor Wyld), nulla andrà storto nella tua vita e otterrai qualsiasi cosa tu voglia, se invece hai una frequenza bassa o addirittura negativa, come Isaac Newton, Midgeley (Daniel Fraser), detto Zac, sei condannato ad un esistenza di disgrazie e ignoranza. In un tale sfrenato determinismo è facile ravvisare una visione fatalistica dell’antica concezione greca secondo la quale solo apprendendo si poteva venire a conoscenza di ciò che era necessario e di conseguenza non farsi trascinare dal carro del destino, ma seguirlo di propria volontà.
La forza del sentimento
Tuttavia, sia gli antichi greci, sia la professoressa (Emma Powell) di Marie e Zac, non hanno considerato la forza della volontà umana. Infatti, la sete di conoscenza della giovane ragazza, la porta ad indagare l’unica cosa che mai, secondo quanto stabilito dalla sua frequenza, potrà conoscere: i sentimenti. Per farlo organizza brevi incontri con l’unico ragazzo che potrebbe abbassare la sua frequenza, ovvero Zac, il quale, nonostante gli strani e pericolosi eventi che l’incontro fra loro due provoca, attende entusiasta di vederla, essendosi innamorato di lei fin dal primo sguardo. La fine degli esperimenti di Marie, non segna la fine dell’amore di Zac, che per tutta la sua vita continua a studiare e cercare un modo per alzare la propria frequenza, aiutato da Theodor Adorno Strauss (Tom England) , suo amico di infanzia. Grazie a quest’ultimo inizia ad individuare delle sequenze, successioni di suoni che paiono modificare la strada che il destino aveva scelto per lui. Piccole parole si rivelano capaci di cambiare il proprio destino, di attenuare i fenomeni parapsicologici incontrollabili e gli permettono di avvicinarsi a Marie ed iniziare una storia d’amore con lei.
La parola è azione
OVX è il nome del bizzarro meccanismo che aiuta ad ingannare le leggi del magnetismo e del fato, ma il suono di una parola apparentemente senza senso non solo modifica il corso della propria esistenza, ma è in grado di persuadere le persone e convincerle a fare ciò che in realtà non vorrebbero fare. Le parole sono azioni, direbbe il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, con il quale senza dubbio concorderebbero tutti coloro che nel dispiegarsi della storia sono saliti al potere convincendo le masse con la retorica; anche Fisher condivide e dimostra con la propria pellicola come suoni apparentemente insignificanti, nascondino un immensa capacità concreta. Il che vale non solo per le parole, ma anche per la musica: se infatti un vocabolo è in grado di elevare un individuo al di sopra della comunità, una sinfonia livella la collettività, ponendo tutti sullo stesso piano di esistenza. Non vi sono più frequenze alte o basse, intelligenze extra-ordinarie e deficit affettivi e se il sapere è uguale per tutti, se ognuno possiede le stesse capacità dell’altro, non vi è più alcuna forma di controllo, più nessun determinismo.
O forse sì?
La lingua del mondo
Alla fine della proiezione, quando la libertà pare aver trionfato grazie al potere della musica, Theodore Adorn Strauss compie una rivelazione che sin dall’inizio aveva tentato di infiltrare in alcuni frame: La musica è composta di sequenze precise, successioni rintracciabili nell’intero cosmo che possono essere tradotte in matematica e applicate all’universale. Una melodia dunque non rende liberi, ma semplicemente ristabilisce un corso predeterminato, conforme alla natura e al tutto. Pitagora e Schopenauer lo avevano già capito: la musica riflette l’armonia del mondo, l’ordine metafisico dell’universo. Non è una vuota astrazione, un suono privo di senso, ma come i numeri e le forme della geometria e della matematica, è un percorso, una traccia ben definita e applicabile ad ogni essenza. Così in una sinfonia Theo Strauss legge il futuro e tocca con mano l’esistenza del destino.
Neuroscienze e libertà
Fantascienza e romanticismo si intrecciano per 105 minuti, tirando in campo disquisizioni su libero arbitrio, determinismo, parapsicologia e magnetismo. Ragione e sentimento si incontrano e si scontrano così in una pellicola ambiziosa che tenta di indagare forse troppi argomenti, mescolandoli fra loro e spesso dimenticandoli per strada. Tuttavia Frequencies offre spunti di riflessione interessanti e pone domande che hanno attanagliato la filosofia per secoli. Che cos’è la libertà? Esiste il destino?
Negli ultimi decenni lo sviluppo della neuroscienza, grazie alle ricerche dello scienziato americano Benjamin Libet, ha messo in crisi la credenza del libero arbitrio. Già Spinoza nel diciassettesimo secolo aveva affermato che gli uomini credono di essere liberi, in quanto suppongono che il corso stesso della natura dipende dal loro agire; ma l’uomo non è al di fuori della natura, ma in essa e da essa viene determinato (non è un “essere condizionato da niente se non da se stesso nel proprio agire”). La definizione del filosofo olandese della libertà fenomenica –per dirla in termini kantiani- concorda con le scoperte neuroscientifiche, che hanno dimostrato come nel nostro cervello si sviluppano degli impulsi ancor prima di renderci conto di aver preso una decisione; questo implicherebbe che il comando sia partito prima che sia sia formata la coscienza di averlo dato. Da tali esperimenti sono nate diversi correnti di pensiero, alcune negano l’esistenza del libero arbitrio, altre lo ridefiniscono affinché concordi con le evidenze scientifiche. Una domanda che però in pochi si sono fatti, ma che chiude la complessa pellicola di Fisher è : “è veramente importante il libero arbitrio?”
Schiavi del tutto
Se da una parte la consapevolezza di non essere liberi potrebbe portare ad un abbandono di qualsiasi responsabilità, sia a livello individuale che comunitario, dall’altra si presenterebbe la possibilità di assumere una diversa visione del mondo, meno meritocratica e più solidale. Inoltre, dimenticandoci di chiederci se sia colpa o merito nostro vi potrebbe essere meno insicurezza nell’agire umano.
D’altronde l’umanità ha già affrontato la delusione di non trovarsi più al centro del mondo, sarebbe in grado di accettare la propria schiavitù ad un’ordine matematico superiore?