Regista: Christina Choe
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2018
Genere: thriller/drammatico/psicologico
Attori: Andrea Riseborough, Steve Buscemi, J. Smith-Cameron

 

 

 

Il nostro giudizio: Molto Buono

Recensione: Alessia Priori

 



Maschere per la modernità.


Uno degli aspetti più complessi della vita di ciascun individuo è capire e conoscere se stessi; per questo spesso risulta difficile compiere una scelta, che sia la scuola, il lavoro o la famiglia. L’esistenza è una continua e perenne ricerca della risposta alla domanda “chi siamo?”. Ma se invece di scavare all’interno di noi ci aggrappassimo ad illusorie speranze? D’altronde il mondo odierno è pieno di maschere e ruoli che attendono di essere animati e non è necessario aver studiato Pirandello per capire che l’uomo si serve di volti di plastica per rapportarsi con la società; basta navigare per un’ora sui social così da scoprire quanti profili siano in realtà falsi, quante persone non siano altro che frutto dell’immaginazione.  Tuttavia le maschere non offrono solo la possibilità di integrarsi in una comunità, che sia fisica o virtuale, ma anche una via per fuggire dal proprio sé.

Nancy, la protagonista dell’omonimo film uscito nelle sale italiane nel 2018, racconta com’è imboccare tale strada e dove porta la continua fuga da una verità che si può trovare solo in noi stessi.

Nancy.
Nancy, interpretata da una brillante Andrea Riseborough, riempie fin dall’inizio della pellicola lo schermo con i suoi enormi occhi castani, capaci di ipnotizzare lo spettatore grazie ad un gioco di vedo-non-vedo basato interamente sugli impercettibili movimenti facciali, che ora fanno trasparire un sottofondo di onestà, ora diventano nuovamente oscuranti della vera identità della protagonista. Infatti da subito ella appare ambigua e distante, non solo da chi la osserva dal divano, ma anche dalla società in cui vive, o meglio, che attraversa come un corpo estraneo, celata dietro diversi volti che, come carte, usa a suo comodo affinché una sensazione di appartenenza le faccia dimenticare, anche solo per un attimo, la propria vita a servizio di una madre burbera e malata.
La possibilità di fuggire da sé sotto false vesti gli viene soprattutto offerta dalla società odierna, una società dello spettacolo, che online permette di raccontare con un nickname storie che non le appartengono e con il digitale le rende possibile trasportarsi dove non è mai stata: è sufficiente un semplice copia e incolla e tutto è possibile, anche fare il turista in Corea del nord.

Nessuna Verità.
Così la verità si intreccia alla menzogna, senza venire mai svelata chiaramente; ogni versione dei fatti viene raccontata con una presunta sincerità, per poi essere ritrattata e modellata in molteplici sfaccettature. L’ambiguità del reale passa dal claustrofobico spazio virtuale a quello fisico quando Nancy vede alla televisione Leo (Steve Buscemi) ed Ellen (J.Cameron Smith), coppia di genitori distrutti dalla scomparsa della figlia, ormai avvenuta trent’anni prima. Alla presentazione pubblica di una ricostruzione forense del volto della piccola Brooke oggi, Nancy abbandona ogni suo ruolo precedente e coglie l’occasione di entrare finalmente a far parte di qualcosa, di una famiglia.
L’improvviso respiro che prende la fotografia, con un allargamento dei piani e una maggiore illuminazione, accompagna il crescendo di speranze della ragazza e della coppia, una in cerca di genitori, l’altra di una figlia. Tuttavia nulla appare certo e la verità scientifica del test del DNA si mostra quasi una minaccia a quel teatrino idillico che tutti e tre, in particolare le due donne, sono riuscite a costruire.

Il bisogno di un “noi”,  invece di un “io”.
Per essere un film di esordio, Christina Choe è stata capace di tratteggiare un dramma psicologico dalle sfumature oniriche che riporta alla mente i prodotti di David Lynch. Nessuna verità assoluta, nemmeno dopo i titoli di coda, viene rivelata : Nancy è stata veramente adottata? Brooke è scappata rincorrendo un gatto? Esisteva davvero una casa sull’albero?
Tutte domande a cui la risposta viene passata sotto silenzio, non perché non ci sia, ma perché non è importante. La pellicola Nancy non vuole cercare una verità oggettiva o strappare via il velo di Maya, ma indagare il bisogno innato di ogni individuo di sentirsi apprezzato e integrato in qualcosa di più grande, a costo di dimenticare se stesso dietro una maschera.

 

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