Autrice: Aurora Ballarin

Anno: 2017

Ed. Self Publishing

 

Il nostro giudizio: BUONO

Recensione: Erika K. Biondi

 

TRAMA:

Aurora, una ragazza come tante, con un passato che l’ha costretta a diventare adulta velocemente, una quotidianità simile a tante altre fatta di una famiglia da aiutare dove la figura paterna è venuta a mancare troppo in fretta, una madre apprensiva, fratellini da accudire e un lavoro che le serve a tirare avanti la “baracca”. Una persona semplice, in un universo lineare e monotono,  una vita quasi piatta e ripetitiva dove i sogni sembrano non esistere più, dove non esiste Dio e dove ogni giorno ha lo stesso colore.

All’improvviso la svolta, una sorta di terremoto emotivo che la trascina in una realtà di ospedali, medici e cure invasive, in cui il dolore e lo sconforto sembrano un orizzonte tangibile e il pessimismo potrebbe essere la sola via possibile. Quando il destino però pare togliere, in verità spesso offre alternative: Ivan, problematico giovane uomo, carismatico e sfrontato tanto lontano quanto vicino per il denominatore comune che accomuna i due: la malattia, ciò però non ferma la delicata storia d’amore che germoglia improvvisa e che diventa la luce in un tunnel di tristezza.

 

RECENSIONE:

“Fino all’ultimo respiro” ad  un primo impatto può dare la sensazione di una trama come tante...forse; già alle prime righe l’approccio è diverso, in un crescendo emozionale che trascina nella vicenda.

Viviamo il dramma di Aurora e Ivan, sentiamo il loro dolore e il loro urlo muto: si parla di cancro, di quel male sottile che spaventa, della lotta alla sopravvivenza, di dinamiche che ormai sono all’ordine del giorno ma di cui non vorremmo sentire. Il lettore soffre con i protagonisti in osmosi, vive le loro dinamiche, sente il freddo del “vuoto” che incombe e si lascia trasportare nel limbo del domani che potrebbe non essere mai perché la caducità della vita è dietro l’angolo e perché la sopravvivenza diventa un’incognita.

La paura assale e si eleva oltre lo scritto investendo in maniera violenta e impattante e lasciando un senso di amaro che fa riflettere. Ho ripensato alla “sacra provvidenza” manzoniana dei Promessi Sposi che agisce e regola come un flusso disinteressato e predestinato, che fa sì che gli eventi prendano una strada quasi predeterminata…

Aurora non è sicuramente l’Alessandro Manzoni di turno, però si investe di dinamiche  che mi hanno fatto sentire odore di passato e testi scolastici che indirettamente hanno influenzato, per forza di cose, la scrittura di questa giovane artista.

Nella malattia e nel dramma nasce un amore, di quelli semplici e delicati, da proteggere e da vivere senza grosse aspettative “fino all’ultimo respiro e anche oltre” perché l’incognita resta il domani; parliamo di un tango in cui si alternano la gioia legata al momento e al sentimento, lo sconforto del “cosa ne sarà di noi” e il male in senso fisico e psicologico in un crescendo che lascia poco spazio alla fantasia ma che inonda nell’emotività legata ai protagonisti.

Ivan è l’uomo imperfetto, bello e dannato, investito del ruolo di cavaliere protettore della sua “piccola principessa”, colui che vorrebbe farsi scudo per evitarle il calvario, ma che deve limitarsi a sostenerla e starle a fianco nel cammino della vita che ha riservato una sorpresa beffarda a entrambi: incontrarsi e amarsi con la consapevolezza del potersi perdere in un soffio, il tutto condito dalla quotidianità che ruota attorno ai protagonisti e li fa vivere di sogni e speranze ma anche di nervosismi e seccature.

La storia, inesorabilmente segue il suo corso e ci prepara ad un epilogo alternativo, forse che non avremmo voluto, con la carica di un pathos degno di molte storie legate alla tradizione letteraria nipponica in cui la sofferenza apre le porte alla speranza e in cui veniamo proiettati nella riflessione e nell’introspezione.

 

 

CONSIDERAZIONI FINALI:

392 pagine di adrenalina coinvolgente descritte con minuzia con ritmi molto piacevoli nonostante i temi trattati non siano facilmente digeribili nell’immediato.

Uno stile fresco e incalzante che investe come una folata di vento, che tiene inchiodati in maniera accattivante con la curiosità di vedere come andrà a finire, con la speranza di sapere che le brutture della vita, forse non la fanno sempre da padrone e che l’amore crea un’illusione effimera legata al caso che va oltre la vita.

Piangeremo con Aurora e Ivan, ci accalderemo per le scene che vedono protagonista l’amore tra i due ragazzi, vivremo a pelle il dramma del male che incombe e che schiaccia come una bomba a timer pronta ad esplodere. La scrittrice parla del quotidiano in maniera pulita e con la semplicità della sua giovane età affrontando temi complessi in maniera magistrale.

Il prodotto è ben costruito in un’alchimia di equilibri precari che ben si sposano al contesto e che trascendono la scrittura per arrivare oltre, la storia è coinvolgente e facilmente fruibile da diverse tipologie di persone; ho apprezzato tantissimo la visione doppia di entrambi i protagonisti che mi ha ricordato un libro che ho particolarmente amato “Ma le stelle quante sono” di Giulia Carcasi con una doppia visione dei due protagonisti.

Aurora Ballarin ha impostato una storia che emotivamente trascina e che ci fa vivere il piacere della lettura senza tanti fronzoli o giri di parole.

Buona lettura !!!

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