Artista: Bon Jovi
Anno: 2020
Casa Discografica: Island
Il nostro giudizio: BUONO
Recensione: Enrico C.
Che il 2020 sia un anno che entrerà nei libri di storia è una considerazione che praticamente nessuno sarebbe disposto a confutare. Particolarmente azzeccata è quindi la scelta dei Bon Jovi di intitolare semplicemente a questo tormentatissimo anno il quindicesimo album in studio di una lunga e fortunata carriera.
2020 è un disco dalle forti connotazioni “springsteeniane” (e non è un caso che proprio il Boss sia andato pare a trovare Jon Bon Jovi in occasione della sua uscita ad inizio ottobre per un’anteprima privata del lavoro) in cui l’impegno sociale e politico recitano il ruolo dei protagonisti.
Ad aumentare le suggestioni dell’atmosfera in cui l’album ha preso forma ha sicuramente contribuito l’isolamento ed il lockdown della scorsa primavera in cui l’eclettico Jon ha scritto 2 dei 3 singoli finora usciti (“Limitless” e “Do what you can”). Il primo brano è dedicato ad una società liquida, fragile e competitiva costituita da individui perennemente insoddisfatti e imprigionati in una routine alienante; il secondo brano è invece focalizzato sul tema della pandemia e sulla necessità di garantire attraverso l’adozione delle necessarie misure di prevenzione quella solidarietà e coesione sociale che potranno condurci al di fuori del tunnel. Due pezzi freschi e vivaci con un sound sicuramente vicino alle sonorità pop degli ultimi lavori della band che non scontenteranno tuttavia del tutto anche i fan della prima ora, nostalgici dei riff di chitarra duri e taglienti degli album degli anni ’80.
Chi cerca sonorità più vicine agli standard dei Bon Jovi di “New Jersey” e “Keep the faith” troverà sicuramente pezzi come “Beautiful drug” , “Let it rain” e “Brothers in arms” più in linea con le proprie corde, senza disdegnare le armonie scarne e acustiche di “Lower the flag” e dell’affascinante “Unbroken”, forse il miglior brano dell’intero disco, dedicato ai tanti soldati tornati dal fronte vittime di sindromi post traumatiche.
L’eterogeneità e l’estrema attualità dei temi trattati rappresentano il grande punto di forza di questo album che spazia da spaccati della vita politica americana (la battaglia per limitare l’uso delle armi, le falsità propinate dalle autorità politiche e religiose) fino a ritratti intimisti di vita familiare (“Story of love”).
Un disco di grande impegno civile particolarmente adatto ai tempi incerti e “sospesi” che stiamo vivendo; dal punto di vista prettamente musicale, invece, si tratta di un lavoro godibilissimo e capace di mettere d’accordo le varie anime dei fan della band. Certo i tempi dell’hard rock di “Runaway” e “Livin’ on a prayer” sono lontani anni luce e forse non più raggiungibili per una band che ha dovuto subire negli ultimi 20 anni gli addii di Alec John Such e soprattutto Richie Sambora portando a compimento una metamorfosi verso sonorità più morbide e commerciali. In ogni caso Jon Bon Jovi & Co. dimostrano di cavarsela ancora egregiamente con gli strumenti e soprattutto di avere parecchio da dire in questo presente così confuso.
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