Artisti: Mina e Celentano

Anno: 2016

Produzione: Clan Celentano srl – PDU Music & Production SA

 

Il nostro giudizio: BUONO

Recensione: Geppetto

 

Qualcuno, come me, avrà trovato sotto l’albero l’ultimo CD di Mina e Celentano. E’ in testa da tempo nelle classifiche davanti a Tiziano Ferro, ed è terzo nel vinile. Grande successo, dunque. I grandi giornali nel parlarne sembrano ormai, per la gran parte, svolgere la stessa funzione che in TV compete a Mollica: promozione e buoni rapporti con tutti. Qualche sito, meno sensibile alle possibili reazioni ad una poco lusinghiera critica, ha anche stroncato. E’ il vantaggio del free lance della rete: non si deve necessariamente curare la relazione, niente imbarazzi.  

Ricordiamo allora che questo disco dei due monumenti della musica leggera italiana viene dopo 18 anni dal precedente “MinaCelentano” che ebbe uno straordinario successo di vendite (più di un milione e mezzo di copie, record assoluto). Francamente non un pezzo di allora ci è rimasto nella memoria.

Oggi la replica, con autori non di grandissima notorietà, se si escludono Mingardi e Toto Cotugno.

C’è chi ha apprezzato, criticando al riguardo la Mannoia che insegue testi di autori consolidati. Noi qualche testo un po' meno banale lo avremmo apprezzato. E poi soprattutto avremmo apprezzato si parlasse un po’ meno di amore: “E se non ti avessi amato mai”, “E’ amore che brucia l’anima”, “Questo amore è un affitto” ,  “Lasciami amore” , “L’amore è solo una questione chimica”, “Non mi ami  non mi ami, / non sarò nel tuo domani…” sono sei versi a caso dalle prime sei canzoni. E così via, con un paio di eccezioni, per tutto l’album. Un CD antologico che manca di un fil rouge che colleghi in qualche modo i vari brani.  

Ora è pur vero che è vecchia musica leggera (quella evidentemente pesante o più seria era il melodramma), pop diremmo oggi; è vero anche che quando Mina e Celentano erano già protagonisti, Battisti e Mogol, Battiato, De Gregori, Vecchioni e Guccini e gli altri dovevano ancora venire, ma insomma…

Mina ha interpretato magnificamente “Il cielo in una stanza” di Paoli nel 1960, nel suo secondo LP.  Non parliamo di De Andrè che è su un altro pianeta, ma sempre Mina lo ha fatto conoscere al grande pubblico nel 1968 con “La canzone di Marinella”. Finardi ha scritto la prima canzona d’amore che aveva qualche capello bianco. Celentano, con intuito straordinario, è stato sempre un passo avanti nel cogliere le tendenze ed interpretarle: dal Rock del “Il tuo bacio è come un rock” alla canzone messaggio de “Il Ragazzo della via Gluck” e così via.  

I precedenti per fare meglio non mancavano. Qui entrambi sembrano appiattirsi su banalità per altro datate.

Poi qualche considerazione anagrafica avrebbe aiutato: i due monumenti (come li abbiamo chiamati e sia chiaro: meritano di essere considerati tali nel panorama italiano) sono ampiamente oltre ai settantacinque anni entrambi e sentirli struggersi per amore fa un po' senso. A quell’età immaginiamo si faccia senza sospirare tanto che: “il soffitto è un cielo stretto /il morale sotto il letto”.

 I testi insomma non ci sono piaciuti. Avrebbero potuto scegliere meglio e mirare più in alto. Siamo sicuri che il grande pubblico (il target è quello) non sia in grado di andare oltre certe banalità? Ritorneremo al “amore cuore / sole mare”?

Celentano con il suo unico singolo nell’album “Il bambino col fucile” non sembra avere smarrito l’antico fiuto: ironizzare su immagini, luoghi comuni e mode che la società contemporanea ci propone, enfatizzati dai media, è andare oltre l’aria fritta. E “Prisencolinensinainciusol” sull’abuso degli anglismi ci sembra oggi ancora più attuale. E’ un pezzo di 44 anni fa, riproposto nell’album. Entrò nelle classifiche di mezzo mondo con il suo ritmo e parole senza senso dal suono inglesizzante. Per altro quel successo offre argomenti alla nostra tesi: se i testi non contano più quasi nulla nelle nostre canzoni, perché mai non dovremmo comperare solo musica in lingua inglese, anche se non capiamo niente? Sarò pessimista, ma non credo che ci siano così tanti acquirenti di CD e vinile dall’inglese “fluent”.

Sulle musiche ed arrangiamenti lo sforzo è stato maggiore o almeno i risultati sono migliori. C’è addirittura del Rap e del Reggae, e parecchi buoni ritmi.

In conclusione “Le migliori” è un album rivolto, come direbbe un esperto in marketing, al pubblico “mass” che fa leva essenzialmente sul nome degli artisti, esattamente come il precedente MinaCelentano di 18 anni fa. Insomma, un’operazione commerciale.

Ed è un abbinamento musicale, quello fra Mina e Celentano, molto difficile. Lei è un’interprete unica, per quanto si possa andare ragionevolmente indietro nel tempo, e dalla voce eccezionale. Ma ha bisogno di autori all’altezza.  Lui è un artista a tutto tondo con un fiuto notevolissimo nel cogliere “il comune sentire della gente” ed anticipare i gusti del pubblico. Ma la sua voce non è certo quella di Sinatra o se si preferisce di James Brown.

Naturalmente siamo sempre sopra la sufficienza. Ma noi preferiamo ricordarli (e sentirli) da soli, per altri cento anni, ovviamente.

 

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