I CANTI DEL SOGNO (VOLUME 1)
Autore: George R. R. Martin
Anno: 2003
Ed. Oscar Mondadori
Il nostro giudizio: BUONO
Recensione: Erika K. Biondi
TRAMA:
Il volume fa parte di una serie composta da due unità, a sua volta è costituito da 7 racconti brevi e/o lunghi scritti da Martin tra gli anni '60 e '90. Purtroppo l’edizione è integrale e non corrisponde all’originale perché Mondadori aveva già pubblicato in un’altra raccolta alcuni di questi in precedenza.
Lo stile è tipico dello scrittore, autore de “Il trono di spade” e di “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” che l'hanno reso famoso, però, in questo caso specifico, esula per le tematiche trattate e perché fanno parte dei primi lavori dello stesso, gettando le bai al tema fantasy come lo concepiamo oggi nelle sue opere, avvalendosi di un'intelaiatura horror e con una forte componente psicologica.
Alcuni racconti sono piccoli libri nel libro come “I passeggeri della Nightflyer” che mi ha riportato alla memoria le opere della mia adolescenza di Isaac Asimov con una spolverata di “Fahrenheit 451” di Bradbury.
Evito di riportare le trame perché svelerei più del dovuto e perché ogni narrazione, pur mantenendo lo stesso denominatore comune, è un universo a sé, pertanto, in questo caso, mi avvalgo dell'aura di mistero e bruma come avviene in “Al mattino cala la nebbia” e che persiste nel volume; spero, altresì, di alimentare la curiosità di chi legge questa recensione.
RECENSIONE:
Un Martin inusuale e per certi versi lontano dalle “Cronache”, tanto sopra le righe nella sua follia letteraria costituita dalla genialità dei concetti affrontati che trattano di tematiche talvolta scomode, un cocktail di fantascienza e horror con, talvolta, un pizzico di erotismo e dinamismo grintoso che diventano la cornice di un dipinto perfetto.
“Le valide storie horror ci costringono a confrontarci con la nostra immagine riflessa da specchi deformati e oscuri, nei quali abbiamo la fugace visione di cose che ci turbano, cose che non vogliamo realmente guardare. L' horror scruta nelle ombre dell’animo umano, nelle paure e nella ferocia in agguato dentro di noi. Ma la tenebra è priva di senso senza la luce, così come l’orrido è privo di significato senza la bellezza.” Questo è il cuore della raccolta, la sua spiegazione, la base dello stile dell'autore che si investe di un'aura tutta sua e si estranea da tanti generi horror per una componente di fondo positiva, una sorta di deformazione psicologica che però sfocia nella luce senza avvalersi di un pessimismo cosmico e di una dimensione pressoché di sola ombra. Quest’ultima viene bilanciata e prende consistenza proprio perché in coesistenza e in equilibrio come nello Yin (nero) e yang (bianco) in un susseguirsi geniale tra genere fantasy e fantascientifico in un tripudio di emozionalità inusuale e accattivante.
Indiscutibile l’influenza di Tolkien e Lovercraft e spesso pare di vedere personaggi di Dikens: interessante la diversità e la caratterizzazione di coloro che animano le novelle nonostante il quantitativo spesso degno di nota, e nessuno viene lasciato al caso: esseri umani e alieni che nel loro dramma umano si isolano ed evolvono verso caratterizzazioni tanto estreme quanto particolari e inopinabili, ognuno con un proprio “colore” e una propria umanità deformata, talvolta grottesca in bilico tra il tarlo psicologico,la tragicomica della diversità e la dimensione fantasy fino ad approdare a situazioni talmente assurde, improponibili e fuori dagli schemi da risultare in perfetto equilibrio con il piattume della realtà.
Chi legge Martin si avventura in un parallelismo di emozioni sopite fatte di piccolezza della mente umana con i suoi limiti e i suoi difetti ma anche con la voglia e il bisogno di poter evadere per poter trovare la strada per la salvezza, certo non parliamo di “ciclo dei vinti”, anzi.
Tra i racconti più famosi: “I re di sabbia”, in perfetto stile da filmone horror americano che tiene col fiato sospeso fino alle battute finali in un' escalationn di morti trucide di cui non ci è dato sapere ma solo immaginare: questa è la potenza dell’autore, non lasciare nulla al caso a livello descrittivo seppur facendo trasparire zone d’ombra che aprono l’immaginazione perversa del lettore in un trasversalismo figurativo che non è da sottovalutare.
Ho sofferto tra le pagine di “Una canzone per Lya” in cui un amore ai limiti del perfetto diventa una sorta di dramma psicologico in un intreccio non particolarmente coinvolgente, ma che nonostante tutto, riesce a trascinare il lettore poco a poco in una mentalità aliena in cui il suicidio diventa una forma di felicità eterna.
CONSIDERAZIONI FINALI:
Un Martin accattivante, fluido, impeccabile nella sua diversità, piacevole quanto diretto e crudo, capace di sollevare dubbi sulla piccolezza umana e di scoperchiare il baule delle paure in un crescendo di tensione e ansia che si contendono la voglia di voler arrivare in fretta in fondo alla storia, ma anche il rifiuto verso la bruttura e la deviazione mentale.
Adrenalina, ansia, terrore sono componenti immancabili, così come il fascino descrittivo e il bisogno di capire come evolverà la situazione, necessità di finire in fretta per lasciarsi alle spalle un senso di amarezza e tristezza che fa riflettere.
Ho trovato parecchio Pirandello ne “L’uomo-a-forma-di-pera” con tematiche tipiche della follia insite a recuperare la propria identità; questo racconto si avvalse il premio Bram Stoker nel 1987 come miglior horror dell'anno.
Lettura inusuale capace di far pensare, di risvegliare paure nascoste, per chi ama le emozioni forti affrontate però in maniera delicata inserendo il tarlo del terrore in punta di piedi come in un eterno crepuscolo di aspettative e di timori, al tempo stesso.
“C’è una via, non una semplice strada,
fra l’alba e l’oscurità della notte.
Sono felice tu sia qui
a percorrerla con me”