LE STORIE DIETRO LE FOTOGRAFIE
Autore: Steve McCurry
Anno 2013
Casa Editrice: Mondadori Electa
Il nostro giudizio: OTTIMO
Recensione: Marypollon
Comprai duecento rullini e partii per l’India
Questa recensione nasce dall’entusiasmo con cui ho visitato qualche mese fa al MUDEC la mostra ANIMALS di Steve Mc Curry; immenso fotografo che arrivo a conoscere con estremamente colpevole ritardo.
Acquistando il famoso volume monografico LE STORIE DIETRO LE FOTOGRAFIE ho quindi deciso di ripercorrere la vicenda umana e professionale di questo geniale fotografo, dal primo viaggio in Afghanistan, al monsone in India, alla caduta delle Torri Gemelle.
La sua vicenda professionale, ma soprattutto umana, comincia ufficialmente nel 1978, quando si licenzia dall’impiego di fotografo in un quotidiano di Philadelphia, decidendo di ampliare i propri orizzonti, di uscire in esplorazione dalla propria confortevole nicchia e compra due centinaia di rullini fotografici ed un biglietto di sola andata per l’ India.
McCurry ci parla in questo libro delle motivazioni che lo hanno portato a viaggiare, degli obiettivi che si era prefissato, delle mille difficoltà e soprattutto delle emozioni che ha provato fotografando tutte queste storie.
In India potrà ad esempio ri-accendere la sua vasta passione per la rete ferroviaria indiana, che percorre in gran parte il Paese, e di cui si innamora dopo la lettura di The Great Railway Bazaar di Paul Theroux , che gli capita in mano in un periodo di forzata immobilità , quando due settimane dopo l’arrivo in India si trova costretto all’immobilità causa amebiasi.
Rappresenta la cacofonia di rumori, odori e colori prodotta dalla folla di passeggeri delle stazioni indiane, decide quindi spostandosi di città in città, sforzandosi di non calpestare le persone sui marciapiedi; raccogliendo immagini del microcosmo del paese, dove tutto avviene in pubblico: mangiare, dormire lavarsi, fare business, curare minori e anziani, il cucinare una molteplicità di alimenti molto diversi in caotiche stazioni dalle maestosa architettura.
Rimane affascinato e di conseguenza affascina attraverso le sue immagini indicando i contrasti tra tradizione e modernità, spiritualità e materialità del colore.
Un’altra tematica importante è quella dei monsoni, di cui Mc Curry voleva esplorare non solo l’aspetto del diluvio torrenziale, ma anche quello per cui chi lo affronta ne contrasta, sopravvivendo, gli effetti distruttivi.
A Varanasi in particolare rimane colpito dal modo in cui gli abitanti reagivano continuando a curarsi delle proprie attività quotidiane , benchè case e negozi fossero sommersi dall’acqua, nel luogo mentale per cui non si tratta di un disastro naturale ma di un evento ciclico, con cui vivere più che convivere.
Le acque delle esondazioni tra l’altro come è noto veicolano una quantità spaventosa di malattie, morbi di colera, malaria e tifo.
Altro tema del percorso indiano è la capitale BOMBAY, dei cui 13 milioni di abitanti almeno la metà vive per strada o in uno slum, della medesima Steve Mc Curry fotografa opportunità ed esclusione, energia, in una città degli estremi, la più ricca tra le città indiane, importante centro portuale, industriale con 580 chilometri quadrati.
Mc Curry decide di rappresentare la fiorente classe media indiana e le relative sacche di povertà, il lusso e lo squallore, la seduzione e l’orrore.
Pochi posti portano ad una tale sovrastimolazione sensoriale, come un organismo integrato ed allo stesso tempo disgregato efficiente ed in perenne caos, in cui ogni quartiere e classe sociale fa parte di un momento organico , strutturato.
Di questo mondo rappresenta in particolar modo il contrasto tra le immagini di Bollywood, il relativo immagino pubblicitario dei cartelloni e la durezza della strada , in un stridente contrasto.
Altre immagini sono quelle relative alla baraccopoli di Dharavi per documentare le condizioni spaventose in cui vivevano 500.000 persone, appartenenti alla casta degli intoccabili.
Il tempio di Angkor in Cambogia resta un altro dei temi fondamentali del percorso di Mc Curry, le statue ed i rilievi del Buddha, di cui riprende l’impassibilità, l’importanza e l’influsso della vista monastica nel paese.
Dopo gli anni traumatici della guerra e del terrore un numero sempre crescente di cambogiani torna ad abbracciare lo stile buddista , i monaci si lasciano fotografare nelle loro attività quotidiane, studiare le scritture, passeggiare o riposare , Mc Curry si prese il suo tempo per rappresentare le loro attività nella giusta luce naturale , nel percorso caratterizzato non dal senso di colpa cattolico, ma dalla pace e dalla spiritualità , con disciplina ed impegno , calma e tranquillità.
L’anno successivo entra ufficialmente in Afghanistan, travestito appunto da afghano e circondato da un gruppo di ribelli , percorrendo a più riprese il paese circondato da mujaiddin fotografando le persone e le loro storie; tecnicamente parlando in questa prima incursione in Afganistan Mc Curry realizza solo immagini in bianco e nero, impiegando una piccola Kodak Tri-x ad alta velocità.
McCurry divenne famoso quando attraversò il confine tra il Pakistan e l’Afghanistan (travestito con abiti tradizionali), riuscendo poi a portare via le foto dentro rotoli di pellicola cuciti tra i suoi vestiti. Quelle foto, pubblicate poi su riviste e giornali di tutto il mondo, sono state tra le prime a mostrare quel conflitto così da vicino.
Il suo servizio fotografico ha vinto la Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad, un premio assegnato ai fotografi che si sono distinti per l’eccezionale coraggio e per le loro imprese.
Famosissime le immagini di Sharbat Gula, la ragazza afgana, di cui tutti riconoscono immediatamente l’immagine, la fotografia che venne scattata è diventata il simbolo vero e proprio dell’Afganistan e della dignità con cui il suo popolo ha affrontato guerra ed esilio
L’immagine fu pubblicata sul National Geographic nel 1985, ed è probabilmente la foto più famosa dell’intera rivista
Molti anni dopo il fotografo riuscì a rintracciare la sua modella, ormai diventata una donna adulta, madre di famiglia, la cui immagine aggiornata, anche se meno tradizionalmente “bella” di quella di un tempo, riesce ad essere ugualmente impressionante, e a ricordare come il calvario per il popolo afghano non sia ancora del tutto concluso , comparve sulla copertina del 2022 del National Geographic
Nel 1991 si trovò in Kuwait, per rappresentare i danni ambientali dettati dalla guerra del golfo, all’ambiente ed agli animali – qui scatta molte delle immagini da cui fu tratta la mostra ANIMALS.
Altra tappa del suo percorso di crescita fu lo YEMEN , un mondo isolato, guerriero, conteso da più forze potentissime , un mondo, in cui si correva il concreto rischio di esser preso in ostaggio.
McCurry rappresenta le cerimonie matrimoniali con gli uomini intenti a masticare il qat ed a sparare n aria , con i loro fucili, un mondo giovane dove l’età media è sotto i 15 anni.
Il TIBET è un altro dei paesi chiave della sua opera; vi approda nel maggio 1989 e ritornerà con più di 8 visite distinte successive durante i successivi 20 anni, dove fece ovviamente parecchi studi fotografici sul buddismo, ome comprensione di culture in fase di evoluzione.
Il TIBET è interessante in particolare per rappresentare i cambiamenti sociali dettati dal trasformarsi necessario delle tradizioni, come di chi per poter studiare , spostandosi dal modo di vivere qualsiasi nomade, con animali al seguito, a quello cittadino.
Dal punto di vista strettamente creativo questo è quello che voglio sia il messaggio chiave che ho appreso da questo autore.
Imparare dai tibetani a non forzare il movimento creativo, ogni cosa accadrà quando deve accadere , l’importante è essere consapevole, in armonia col in momento, con il flusso
Un Detto tibetano recita infatti:
La tragedia va utilizzata come una fonte di forza; non importa quante siano le difficoltà o quanto dolorosa sia un’esperienza , il vero disastro accade quando si perde la speranza.
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